Gli Angeli del fango

Gli angeli del fango

Gli Angeli del fango

Mio zio è una persona che ammiro per come prende e vive la vita, un esempio, un modello, una persona dal cuore grande. Mio zio è stato un “angelo del fango”…
Questa è la sua esperienza/ispirazione che ha scritto per noi.
Camila C.

 

Il 3 novembre 1966 il cielo di Firenze riversò sulla città 18 ore di pioggia incessante. Il 4 novembre l’Arno ruppe gli argini e la città fu invasa dall’acqua, dal fango e dalla paura. L’alluvione causò 34 morti e danneggiò notevolmente la città e i suoi splendidi monumenti. A quel punto accadde qualcosa di nuovo e impensabile. Uno dei più grandi gesti di solidarietà giovanile di sempre. Improvvisa e spontanea.

Migliaia di volontari accorsero ad aiutare i fiorentini, a spalare il fango che aveva invaso tutto. Moltissimi ragazzi si misero in viaggio da tutto il mondo per tentare di recuperare le opere d’arte alluvionate. Si assistette a una delle più grandi gare di solidarietà mai verificatesi nella storia della città: giovani italiani, assieme a studenti arrivati da tutto il mondo, con gli stivaloni immersi nel fango impegnati a portare fuori dagli edifici le opere d’arte, soprattutto le migliaia di libri della Biblioteca nazionale, completamente coperti dall’esondazione dell’Arno. Li chiamarono gli Angeli del fango.

L’alluvione di quell’anno fu considerata come la più devastante mai verificatasi dopo quella del 1557. L’Arno esondò espandendosi lungo gli angoli storici di Firenze, strade, cantine, case e palazzi, musei, chiese, giardini, parchi; tutto venne inondato dalle acque e sommerso dal fango. La targa di via dei Neri ricorda il punto più alto raggiunto dalla piena: 4 metri e 92 centimetri. Più di 4 milioni di libri, 14.000 opere d’arte e 18 chilometri di documenti furono danneggiati o distrutti dall’alluvione.

Vivo  è il ricordo di quei tragici momenti, specialmente tra coloro che vi parteciparono. Ero appena entrato all’Università, immerso nei difficili problemi di Fisica, quando si sparse  a macchia d’olio la notizia della tragedia. Subito i più attivi nel movimento studentesco pensarono di organizzare un treno per Firenze. La mia adesione fu immediata e senza ripensamenti.
L’arrivo a Santa Maria Novella fu emozionante. Centinaia di giovani infangati all’inverosimile stavano aspettando il nostro treno! Subito all’Ostello, poi gli stivali e immediatamente a partecipare alla famosa “catena”, negli scantinati della Nazionale, per salvare opere straordinarie, enormi libri, cinquecentine, incunaboli… Ci rendemmo subito conto dell’importanza di quell’esperienza.

Furono giorni duri e difficili. Freddo, umidità, poche ore di sonno, ma l’atmosfera di quei giorni a Firenze cambiò per sempre la mia vita… Capii l’importanza di muovermi, conoscere altri giovani, imparare tutte le lingue possibili, visitare  i luoghi più lontani.
Spesso torno a Firenze. Sempre vado a rileggere la targa che i fiorentini hanno dedicato agli Angeli del fango, apposta sulla parete dove, nel novembre del ’66, durante la pausa d’aria, sfiniti, addentavamo velocemente un panino prima di tornare nel buio degli scantinati.

targa_angeli_del_fango